Esiste il gay-marketing? Certo, è una domanda futile e ha funzionato davvero bene negli ultimi anni. Era necessario, perché al di là di aver trovato nuovi consumatori per brand e prodotti ha fatto percepire la realtà degli omosessuali in maniera diversa. La vittoria referendaria sui matrimoni gay in Irlanda ne è testimonianza, quindi ha agito anche a livello politico. Oggi l’Unione Europea ha approvato a larga maggioranza un documento sulla parità di genere in cui si parla dei diritti della famiglia gay. E le serie tv? Ce ne sono state parecchie, ce ne sono e ce ne saranno, prodotte anche dai nuovi broadcaster come Amazon e Netflix. Stasera su Sky Italia arriva Transparent, che è oltre perché siamo già nel mondo transgender.
Jeffrey Tambor, un grande caratterista del cinema e della tv americana (molti film, tante apparizioni e il ruolo del padre in Arrested Devolopment) e qui interpreta il ruolo di Mort, padre di famiglia,divorziato e settantenne. Mort può finalmente realizzare il suo grande sogno: diventare Maura. Mort è un transgender e vuole essere una donna. Naturalmente il racconto non si riduce a questo. C’è un ex moglie, che ha un compagno molto malato. Poi ci sono i figli. Sarah è sposata, madre e sembra avere una vita stabile. Peccato che ritrovi una sua vecchia compagna del college con cui ha avuto una storia lesbo. La passione ritorna. C’è Josh, il maschio, una sorta di produttore discografico che non ha le idee chiare su cosa fare della propria vita, ma produce solo i gruppi e i progetti di cui s’innamora e che poi vorrebbe addirittura sposare. L’ultima è Ali, quella sancisce come i Pfefferman siano una famiglia disfunziale.
Il passo e il ritmo è quello di una webseries ben congegnata, tanto da meritare due Emmy Awards, uno per Tambor, bravissimo, e una come migliore comedy. E’ stata scritta da Jill Solloway, che è al suo attivo cose come Dirty Sex Money, alcune puntate di Grey’s Anatomy e un lavoro da autrice per Six Feet Under, dove già si narrava di una famiglia molto particolare e problematica. C’è ironia mescolata a una grande delicatezza, non nei temi, forti, ma nella loro esposizione. Queste sono le caratteristiche che l’hanno resa un prodotto di successo di pubblico e critica. Siamo oramai al post-gay? Forse siamo addirittura oltre. C’è necessità di prodotti del genere, perché i transgender sono ancora fortemente discriminati all’interno di ogni società, sarebbe ipocrita dire solo occidentale o islamica. Lavorare su certe forme di racconto può mostrare non solo scenari nuovi, ma far muovere il meccanismo del pensiero. Ci sono nuove emergenze sociale che si avvicinano, in Itali quella degli stranieri, dove i Rom sono diventati il capro espiatorio perfetto, pensare che nel nostro paese c’è la presenza più bassa rispetto ai 25 paesi UE. La prossima sarà l’aborto. Ho letto molti articoli che raccontano come la nuova ondata di tolleranza sia ispirata al prendere atto che i gay sono comunque persone che si amano, mentre va respinto l’aborto da considerare omicidio. Spero non sarà così, ma l’ipotesi sembra concreta. Preoccupante. Speriamo la macchina del racconto si rimetta in moto anche in queste occasioni.