L’attesa è finita. Carrie is back. E con quindici giorni di anticipo sulla tabella di marcia la rete Showtime ha rilasciato, in streaming e on demand, la prima puntata della tanto attesa sesta stagione di Homeland. Parliamo della serie ideata dallo showrunner Alex Gansa, basato sulla serie israeliana Hatufim creata da Gideon Raff. Una serie molto apprezzata da pubblico e critica, e che più di tutti, in questi anni, è riuscita ad inquadrare l’attualità e a trasmetterla sullo schermo televisivo. Come del resto ci ha già abituati dopo la conclusione della terza stagione Homeland riesce a reinventarsi ad ogni stagione. Cambia storia, cambia location, cambia il contesto ma i personaggi. È sempre Carrie Mathison (Claire Danes), l’analista della Cia esperta di antiterrorismo, ad essere la protagonista del serie.
E la Carrie che vediamo in questi primi attimi della prima puntata della sesta stagione dal titolo “Fair Game” è una Carrie diversa. Una Carrie che ha scelto di dare un taglio definitivo con la Cia e con il passato di agente in primo piano nella lotta al terrorismo. Se l’ambientazione della quinta stagione era stata Berlino, adesso, Carrie torna a New York dove prova a riprendere in mano la sua vita e crescere la piccola Frannie, la bambina avuta dal tumultuoso legame con Nicholas Brody, protagonista delle prime tre stagioni e poi giustiziato dalla folla in Iran alla fine della terza stagione.
Ora Carrie ha un lavoro che si occupa di integrazione e di difesa dei cittadini extracomunitari che vivono negli Stati Uniti e vengono perseguiti per crimini che non hanno commesso. Proprio adesso, nel suo primo caso è pronta a prendere le difese di un ragazzo musulmano accusato di fare proselitismo.
Con l’ultima puntata della quinta stagione avevamo lasciato Carrie al capezzale del letto d’ospedale con un Peter Quinn (Rupert Friend) in fin di vita e colpito da una luce particolare che, di fatto, lasciava aperto il finale e il destino dell’agente. Ora la ritroviamo alle prese con la riabilitazione di Quinn. Un Quinn molto più sofferente, instabile, chiuso e che rifiuta l’aiuto di Carrie e che, allo stesso tempo, è costretto a confrontarsi con i traumi del terribile evento che l’aveva ridotto in fin di vita dopo l’attacco con il gaso velenoso. La prima puntata della sesta stagione è introduttiva. Ma non mancano i momenti molto intensi. In ogni caso il primo episodio ci porta a capire quali saranno i temi e i personaggi che nel corso delle puntate daranno il via a questo nuovo filone.
Oltre alla vicenda Quinn c’è il mondo che è cambiato e c’è l’America impegnata nella transizione dopo l’elezione di nuovo presidente. Questa volta gli americani hanno scelto un presidente donna: Elizabeth Keane (che è interpretata da Elizabeth Marvel, già apparsa in House of cards con il ruolo di Heather Dunbar come la sfidante alle primarie democratiche opposta a Frank Underwood). Lo showrunner, già nei mesi precedenti, ha fatto sapere che nelle idee e nella politica del nuovo presidente ci sarà un po’ di Trump, un po’ di Hillary Clinton ma anche di Bernie Sanders. E il nuovo presidente nel primo meeting con Saul (Mandy Patinkin) e Dar Adal ( Frank Murray Abraham) fa capire l’intenzione di voler imprimere un cambiamento notevole alla politica estera americana e soprattutto alle attività di intelligence. E se Saul, almeno per il momento, assume una posizione più cauta, è Dar Adal il primo a muoversi e a trovare un piano per “fare cambiare idea” al nuovo presidente. Sicuramente è ancora presto per dare un giudizio su questa sesta stagione ma la prima puntata introduce temi molto caldi seguendo lo stile che ha caratterizzato Homeland in questi ultimi anni: parlare di geopolitica e lotta al terrorismo senza essere mai banali. Senza utilizzare mai luoghi comuni. Per il resto non ci resta che attendere e vedere come si svilupperanno i prossimi episodi. Comunque già si intravede la capacità di questa serie di raccontare la realtà in maniera diversa dalle altre dello stesso tema. La quinta stagione, con la sua ambientazione berlnese, ha anticipato un’altra serie come Berlin Station, che ha avuto il merito di raccontare, anche se in maniera romanzata e diversa, il caso Snowden. Il merito di Homeland non è solo nella scrittura, oltre che nella regia, ma anche nell’avere a disposizione ottimi interpreti, Claire Danes unisce una bellezza nervosa – il personaggio è bipolare – ad una recitazione che cambia a seconda delle occasione. Mandy Patinkin, vero mattatore delle migliori stagioni di Criminal Minds, cioè le prime, riesce a saltare da uno stato d’animo all’altro in maniera quasi perfetta.
Vero che qui siamo fan di questa serie, che riteniamo fra le migliori del panorama attuale, ma se l’avete vista come non esserlo?
Bruno Apicella
Simone Corami