La notizia della morte di Ezio Bosso arriva in un mattino afoso di maggio in cui viviamo un tempo che è una terra di nessuno, fra lockdown e ripartenza. Arriva e fa male. Fa male perché è una persona che stimavo e a cui mi ero “affezionato” quando lo vedevo in qualche trasmissione. Per me non era solo un maestro di musica, era un maestro del “nonostante tutto”. Non è facile, per niente e molti discorsi che sentiremo saranno solo frasi di circostanza e non saranno sentiti. Comunque li meritava perché era un grande musicista. Nonostante tutto.
La malattia non è la mia identità, è più una questione estetica. Ha cambiato i miei ritmi, la mia vita. Ogni tanto “evaporo”. Ma non ho paura che mi tolga la musica, perché lo ha già fatto. La cosa peggiore che possa fare è tenermi fermo. Ogni giorno che c’è, c’è. E il passato va lasciato a qualcun altro.
Questa frase di Ezio Bosso oggi mi commuove. Quando la lessi la prima volta mi fece arrabbiare. L’elemento che c’è alla base non è la “disabilita” come potrebbero pensare molti, credo la maggioranza, l’elemento che c’è alla base è l’accettazione della disabilità. L’accettazione del fatto che non saremo mai più quelli che eravamo prima. La rabbia è uno degli stadi che arrivano quando si affronta una malattia, dopo o contemporanea alla tristezza, quella rabbia che ti fa dire “perché a me!”. Inutile girarci intorno, chi c’è passato lo sa, perché anche se sei vivo, sei un sopravvissuto, non sei più quello di prima e non lo sarai mai più! Non è solo una questione fisica come possono pensare alcuni, ma è molto di più!
La convalescenza dopo l’operazione non è stata facile, soprattutto perché comunque la malattia ha lasciato dei danni permanente, anche se meno visibili e meno gravi di quelli di un grande musicista come Bosso. Inoltre non credo neanche di avere un talento paragonabile al suo, anche se in un campo diverso. Ecco cos’è il “nonostante tutto”: quella forza di accettare ciò che si è e vivere lo stesso. Bellissimo e giusto. Tremendamente difficile.
Il punto più importante della citazione è quando dice “non temo che mi tolga la musica perché lo ha già fatto”. La malattia, la disabilità, ti toglie te stesso. Con me è stato così. Anzi è così. Decenni di ricordi ed esperienze perduti, oppure se va bene averli come pallidi e diafani echi inafferrabili. Certe volte è impossibile anche da comunicare agli altri perché è impossibile comunicarlo a se stessi, perché è uno stato di cose in cui si è in mezzo e non si riesce a trasmettere. Ecco perché anche quando si riesce a riprendere una parvenza di ordinarietà si “evapora”, come diceva Bosso. Forse sono momenti fisiologici, momenti necessari a trovare una nuova stabilità, perché nonostante tutto ci sei ancora. E vuoi esserci. Devi capire come. Vuoi esserci “nonostante tutto”. La cosa che non vuoi è far male agli altri, a quelli che ti sono accanto che ami e che ti amano. “Nonostante tutto”. E ti amano non per la tua disabilità ma perché sei qualcosa oltre la tua disabilità. Sei oltre ed altro. L’ultimo che se ne accorge sei solo tu a volte.
“Il passato va lasciato a qualcun altro” è una verità incredibile, perché a volte è un passato scomodo ed ingombrante, specie quando non ne sei del tutto conscio e consapevole.
Vivere “nonostante tutto” significa compiere una profonda accettazione di sé, di tutte le proprie fragilità, della propria vita del presente.
“Ogni giorno che c’è, c’è”. Se si impara questo, si può pensare anche un possibile domani.